Non di meno il silenzio. Non di meno le terre. Non di meno gli anni. Tutto da spartire, da cedere, da dimenticare. Presentate i nomi alle frontiere. Sì. Le frontiere hanno i valichi aperti a causa vostra, che ad ogni dardo spalancate la bocca come fosse una faretra. E giocate. Ignari delle conseguenze, non cessate mai di giocare. Voi badate al risultato. Ma il risultato, lo sapete l’uno con l’altro, non è forse un numero, un simbolo, una figura, da mostrare a tutti, a nessuno, nella sua forma mentis di anni, di terre, di silenzio? Aveste un gioco. Come tutti, in definitiva. Aveste un gioco, tuttavia, fatto per non giocare. Giocaste. Adesso vi resta tutto da spartire, da cedere, da dimenticare. E aprite. Voi aprite ad ogni fonte la vostra bocca, e non per parlare. E le frontiere, a causa vostra, le frontiere hanno i valichi aperti come fossero faretre. Eppure vi hanno suonato un lamento e voi, voi non avete pianto. Vi hanno pure cantato della gioia, della vostra gioia e voi, voi non avete nemmeno ballato. Ma non di meno sia la verità. Non di meno lo sia, almeno per questi bambini che per voi hanno suonato e cantato. Rispondete a loro: a che gioco giocate?
Eh! La storia è impaurita. Si nasconde dietro ai libri con la scusa d’esser storia, e arrossisce con malizia tra le ingenue domande dei bambini senza scuola. Ecco, è attorno a noi. È la danza dello sperpero. È la chiave musicale nell’accordo d’una scala. Su, bambini: fate presto! Ché non ci saranno giocattoli per la prossima festa di piazza. E tu, storia! Antica e nuova. Vesti fogli senza gloria. E quanto conti? E per quanto ancora?
(21/10/2025)


