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Il calice più amaro

Posted on 27 Agosto 202527 Agosto 2025 By Voce di uno Nessun commento su Il calice più amaro
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Nel mese ottavo, al ventiseiesimo giorno del mese, nel venticinquesimo anno della duemillesima età, la mano del Signore è scesa su di me. Ed ecco. A me dinanzi troneggiava un calice. Dai bordi di questa coppa cominciò a fiottare sangue scuro: il siero della notte. In quell’istante mi sembrò che dalle mie labbra fuoriuscisse la medesima sostanza. Allora il Signore Dio mi parlò, bocca a bocca, con queste parole: “figlio dell’uomo, cosa te ne pare di ciò che ti ho mostrato?” Io risposi: “Signore mio, che l’innocenza non trova riposo nemmeno nel suo calice più amaro.” Il Signore Dio soggiunse: “dici bene, figlio dell’uomo, perché hai visto bene. Ecco che la mia ira sta per riversarsi su molti popoli, a causa dei governanti e dei capi delle nazioni. Dalle acque insepolte del grido terrestre, il pianto degli ultimi si è incarnato tra le ossa dei cieli giungendo fino a me.” Allora si presentò ai miei occhi, mai stati così uniti nella perpetuità in me trasposta, nuovamente quel calice troneggiante. Il sangue che colava dai suoi bordi cominciò improvvisamente a parlare, con una voce umana, così dicendo: “avete provocato l’ira del Signore Dio ed ora, ora sono colmo del suo sdegno da non poterlo trattenere. In sovrabbondanza scorro, e lo berrete al calice del Signore Dio fino all’ultima goccia. Per intanto esso corre, corre come corre la guerra, fin dentro le vostre viscere, e le vostre arterie.” Poi, l’innocenza di tanto sangue riprese a parlare. Con la sua bocca alla mia bocca lo fece. Come il Signore parla adesso nel mio signore. E in questi esatti termini:

Tardi andate a lavorare,
alzandovi con gli spettri agli occhi
di buon mattino.
E vi convincete
di eseguire con scaltrezza gli ordini,
o i subordini;
di portare, così,
a soddisfatto compimento
i progetti che non voi avete iniziato,
o concepito,
bensì altri,
gli stessi
che la via del bene e della conoscenza,
ai popoli di ieri e di oggi,
precludono e hanno precluso.
A chi i guai? A chi la lotta?
A chi i soddisfacimenti? A chi i poteri?
A chi la dannazione?
A chi le domande da porre sotto insegnamento?
A chi i segreti da estorcere sotto tortura?
E per quale ragione? E di quali nature?
E ancora.
A chi il veleno? A chi il silenzio?
E a chi la morte?
Voi vi affannate per il vento
e brucerete dentro al fuoco,
lo stesso che aizzate
con i fautori del vostro malessere,
con i benestanti
delle invecchiate perplessità umane.
Avete appreso l’arte della viltà.
Infatti,
scorre e corre guerra nelle vostre viscere,
e nelle vostre arterie,
e siete i mecenati dell’ultim’ora
per la fascia più nobile e ristretta
dei grandi ipocriti.
Loro dicono e non fanno.
Lasciano a voi
il compito di mal figurare
con le genti,
quando il momento,
ad essi destinato,
si adombra nello sfavorevole.
A questi piace primeggiare,
da immemori tempi,
senza sapere che più avanzano
più si affrettano a passeggiare di corsa
verso l’ultimo errore:
il vuoto, il buio,
e lo schiaffo dato al cielo che,
moltiplicato eterno,
gli ritornerà indietro.
Pastori falsi
di vacche troppo ingrassate,
e guide cieche
di uomini e donne
che ciechi nemmeno vorrebbero esserlo.
Ma tant’è.
Succubi dell’uncino riservato ai cinghiali,
si sforzano nel creare porte su porte,
di città in città.
Ignari e stolti.
Entrano ed escono dai loro drammi,
e dai drammi dei loro drammi,
costringendo a svariate fami,
le più mortifere,
interi popoli,
nazioni su nazioni,
il mondo intero.
E stretti a quell’uncino,
uniti l’uno all’altro
da un vincolo omertoso e delirante,
sottomettono i propri intelletti
a contaminarsi orribilmente,
come con veleno di aspide.
Sanno baciare perfino il bene in fronte,
o sulla mano forte,
quando occorre,
pur di sedere
sulla sedia destinata
ai senza fissa dimora.
Il tarlo
che va corrodendo la loro mente
si chiama orgoglio,
figlio della superbia.
Ma l’invidia che gli svilisce i cuori
è il loro dolore più grande.
Eppure aprono la bocca
con proverbi sconosciuti,
traggono fuori enigmi
che non si spiegano
e taluni si esprimono
con inverosimili parabole.
Sono il prodotto dell’ubriachezza.
Ebbri solo del male
che vanno concependo,
mostrano interesse per gli innocenti,
per i poveri,
per gli ultimi,
per gli inermi,
mentre dentro sono allucinati
dal fattore unico del potere,
e dal sistema multiplo del denaro.
Ipocriti.
Vili.
La vergogna sfiora i vostri cuori,
le vostre menti, i vostri pensieri,
e fugge via.
E coloro che alla vostra vista
dovrebbero provare disgusto,
preparano oro e unguenti per voi,
diplomazia confacendo,
allargando quella che voi definite
la via retta da seguire.
L’infausta.
Non è disgustoso, tutto questo?
Ma non basta.
Pur di seminare odio e divisioni,
chiamate il tarlo
che vi corrode la mente
“fratello”,
quando, in realtà,
non vi è che padre.
Ma ecco.
Così parla il Signore,
che crea i cieli e li dispiega,
distende la terra con ciò che vi nasce,
dà il respiro alla gente che la abita
e l’alito a quanti camminano su di essa,
che getta il suo disprezzo sui potenti della terra
ed il cui nome è Terribile tra le nazioni:

Voi,
che andate germinando sterminio su sterminio,
lascerò che vi curviate
per la pace
ben confitta sulla terra divisa a metà,
nel giorno della strage.
Oracolo del Signore.
In quel tempo io mi sceglierò,
sul Monte spaccato in due parti uguali,
sacerdoti e cinghiali.
I primi verranno a me
su portantine e su grandi dromedari:
non li riconoscerò.
I secondi saranno sacri a me,
al Signore degli eserciti.
Il resto che mi sono riservato,
che verrà da ogni parte del mondo,
siederà alla mia mensa
e io stesso passerò a servirli
dopo averli riconosciuti,
uno dopo l’altro.
Finiranno gli orrori e le brutture
di questo tempo
perché questo tempo cesserà.
Giuro sul mio santo nome che,
in quel nuovo tempo,
verranno presso il Monte diviso a metà
tutti gli eletti.
Essi vedranno una cosa
che non è stata mai udita,
perché mai è stata raccontata.
La Città celeste avrà le doglie.
Scenderà dall’alto
come l’anima che entra nel corpo,
come lo spirito che penetra nello spirito.
Dalle sue rotte acque
scaturirà la fiamma viva della consolazione.
Allora tutti costoro,
nel guadagno della mia eredità,
verranno a me
dai due lati del Monte spaccato a metà.
Io sarò la loro luce.
Io sarò la loro pace.
Io sarò la loro gioia.
Saranno in me.
Saremo un solo spirito.
Salendo al Monte degli ulivi,
vedranno la città vecchia
e guarderanno,
senza alcun timore,
coloro che hanno abbreviato il tempo
e che hanno bevuto al calice,
al calice della mia ira.
Sarà una città desolata,
l’ultimo abominio
che resterà della terra vecchia.
Mucchi di cadaveri,
preda del fuoco e del gelo,
dotati di parola e di pensiero,
bruceranno e geleranno
nella perpetua perpetuità.
Sì.
Quando la Città celeste
si unirà ai due lati del Monte,
i miei eletti
guarderanno per un’ultima volta
gli aguzzini di questo mondo, in viso:
per costoro
l’unica compagnia
sarà quella del tarlo,
ovvero
di colui
che è diavolo e il Satana.
Ecco.
Chi vuole il prodigio e chi vuole il segno.
A questi ancora dico:
Io sono il Primo e l’Ultimo.
Passerà tutto, compresa ogni memoria.
Soltanto, non passerà la mia parola.
Io sono l’Alfa e l’Omega.
Finiranno gli orrori e le brutture
di questo tempo
perché questo tempo cesserà.
Ed ecco.
In verità io vi dico:
vi sono persone che vivranno
vedendo questo tempo cessare,
e altre che vivranno
tra gli orrori e le brutture di questo tempo,
quando questo tempo cesserà.
Io sono il Principio e la Fine.
Abbiate fede.
Io sono il Vivente.
Chi crede in me
e in Colui che mi ha mandato
avrà la vita eterna.
E beati sono quelli
che non si scandalizzano di me,
ascoltano la mia parola
e la mettono in pratica.
Aprirò la loro bocca
per saziarli
con fiore di frumento e miele di roccia.
Saranno per me fratello, sorella e madre.
A chi me lo chiederà,
con fede dritta e timor di me,
concederò il coraggio dei puri di cuore
e dei poveri in spirito.
Lo giuro su di me,
sulla mia Persona Una e Trina.
Io darò loro la pace.
Sì,
perché ultima sarà la pace
a guardare il suo volto con il mio.
Io, che sono nel mio Io
lo stesso che da sempre Io sono,
ho parlato.
Oracolo del Signore.

(26/08/2025)

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