Cari fratelli e sorelle,
la bocca del Signore ci parla. E con quali parole meravigliose:
tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo.
Ordunque, siamo testimoni nel mondo di quella viva fede che salva.
Infatti, come possiamo ben vantarci della croce di Cristo, stoltezza per i pagani di questo e di quel tempo, allo stesso modo dovremmo giubilare per la resurrezione che ci è stata già elargita, per i meriti dello stesso Cristo, mediante la sua stessa resurrezione, da Dio Padre.
È vero. La gioia, derivante da così grande mistero, deve allattare i nostri cuori, come per i suoi figli farebbe il seno di una madre.
Ed è proprio attraverso questa nostra bella testimonianza di fede che noi moriamo al mondo. Per rinascere dal cielo.
Passa infatti la figura di questo mondo, e con questa passano anche tutti coloro che hanno speso la propria esistenza esclusivamente per esso, partendo proprio da quelli che hanno lasciato un nome alla terra.
Dunque, vi è un tempo per nascere ed uno per morire.
Ma noi abbiamo preferito un tempo che, tra i due, si elevasse. Non perché siamo migliori o peggiori di altri, bensì perché siamo consapevoli della nostra fede, la quale ci è stata trasmessa, in principio, da chi ci ha creati e chiamati per nome: ti ho amato di amore eterno, per questo continuo a esserti fedele.
Adesso, se per nascere e per morire occorrono i due tempi relativi, per morire e rinascere, miei cari, ne occorre uno sorprendentemente prossimo alla diversità dei primi.
Vi parlo per quello che siete divenuti e per ciò che diverrete.
Ciononostante vi considero, più che fratelli e sorelle, o amati nell’Altissimo, come dei figli.
Non me ne vogliate.
Non è presunzione la mia, tutt’altro.
Nutro, infatti, la seria consapevolezza di desiderare di essere, tra di voi, il più piccolo e l’ultimo.
Oh, se solo imparassimo ad accoglierci l’un l’altro. Comprenderemmo quanto è immenso l’amore per noi di Colui che ci ha creati, custoditi, perdonati. Noi, i redenti.
La sua bocca ci parla: ti ho amato di amore eterno.
Ma, più di tutto, Colui che è amore e vita ci ha accolti e senza badare ad alcuna misura.
Seguiamo il suo sentimento, dunque, il suo volere, affinché possiamo compiere, in Lui, la stessa grande opera.
E se oggi siamo nel dolore, nella tribolazione, o in qualsiasi altro tipo di malessere, a causa del mondo, sforziamoci ancor di più nel prolungare col nostro sguardo la durata del giorno entro noi affinché, sia che usciamo dalle sfere luminose sia che ne entriamo, possiamo magnificare con l’anima nostra l’Altissimo.
Carissimi, vi parlo schiettamente. Dovremmo considerarci degli esuli. E, difatti, lo siamo a tutti gli effetti. Così come dovremmo guardare sempre oltre. Lì, dove muore questo mondo e, presente ovunque, vi è il sole della giustizia e della pace a rallegrare i piccoli e gli ultimi: quale gioia, quanta, quando potremo saziarci alle mammelle di quell’astro eterno.
Orsù, desideriamo veramente partire da un corpo carnale per raggiungerci, come un bacio nel suo geloso bacio, in un solo spirito nel Signore.
Egli ci ha preparato una degna dimora. E già da questo tempo.
Infatti, siamo tempio dell’Altissimo.
Necessitiamo, per tale motivo, anzitutto, di portare a santificazione la nostra esistenza terrena, per non offendere Colui che vuole dimorare oggi in noi.
Sì, è vero. Possediamo un corpo costituito da carne. Ma ciò non vuol dire che ne siamo, al tempo stesso, posseduti.
Carissimi, non vi parlo attraverso metafore.
Può la polvere dominare sull’anima, o ancor più, sullo spirito?
Se fosse così sarebbe vana la nostra fede, morta la nostra speranza.
Ora, invece, noi sappiamo con certezza che Colui che ci ha redenti è disceso negli inferi, divenendo anche primizia dei morti, pur di portare con sé turbe di prigionieri, ascendendo al cielo.
Il Signore risorto è disceso e poi asceso.
Quale glorificazione, dunque, ci attende?
Veramente degno di fede è Colui che con la sua santa croce ci ha redenti.
Badate bene. Il nostro è un tempo che si è elevato. Dunque parliamo di un tempo tutto spirituale, che ci consente di offrire degni olocausti a Dio Padre, oblazioni che bramano tendere alla perfezione e alla perpetuità per l’Onnipotente.
E se viviamo in un corpo di carne, in quel tempo spirituale, è altrettanto vero che noi possediamo un pensiero spirituale, e questo ci consente di sbaragliare il nemico, anche il più forte.
Quale arma migliore della pace, dell’amore, è stata mai progettata?
Non crediate che Colui che ci ha destinato alla Vita sia venuto per portare solo pace. Non riconosciuto dal mondo, né accolto dai suoi, Egli ci attende, tutti, per un battesimo di fuoco. Ma noi, tuttavia, per questo dobbiamo rallegrarci.
Infatti, a riguardo, sta scritto: A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.
Fratelli, quale segno di contraddizione mai è, dunque, quella spada che rovinò nel ventre della terra prim’ancora di trapassare l’anima del più immacolato Fiore?
Eppure, di essa sta scritto, parlando nella fede: Esultino i fedeli nella gloria, facciano festa sui loro giacigli. Le lodi di Dio sulla loro bocca e la spada a due tagli nelle loro mani, per compiere la vendetta fra le nazioni e punire i popoli, per stringere in catene i loro sovrani, i loro nobili in ceppi di ferro, per eseguire su di loro la sentenza già scritta.
Noi avremo, sì, tribolazioni. Ma, in cambio, avremo il centuplo di tutto ciò che lasceremo nel mondo, del mondo, già in questa esistenza.
E l’Eternità. L’Eternità che altro non attende il tempo altro e nostro per beatificarci d’Eterno.
Carissimi, il silenzio vile e blasfemo lo lascio volentieri ad altri, non degni di essere annoverati nella fede in Dio Padre, pur di potervi comunicare di Cristo.
Questi, infatti, vilipendano costantemente i figli della luce, soprattutto con l’ausilio di un potere che nessuno dall’alto gli ha procurato, offendendo l’animo umano e negando ad essi quei diritti universali che appartengono ad ogni uomo.
Guardatevi da costoro, fanno parte di una stirpe che non muta: bramano il male e agiscono dunque nelle tenebre.
Per quanto mi concerne, nessuna apologia, quindi.
Equivarrebbe anzitutto a principio di superbia e, non sia mai detto: la voterei, io stesso, all’anatema.
Preferisco addimorarmi nella mia debolezza, poiché è anche là che vuole manifestarsi, con ogni sua potenza, l’Altissimo.
Oh, quale stupore io vivo.
E quale Parola vuole abitare nella mia mediocrità.
Il mio augurio per voi nasce da quello stesso legno di Cristo, ove anch’io sono stato crocifisso, e si sviluppa come si sviluppa una vita affinché il mondo possa morire in ognuno di noi ed il nostro vanto sia grande, per la medesima croce, indi per lo stesso Cristo. Nell’attesa che si compia la speranza beatissima e venga il nostro salvatore Gesù.
Vi benedico in Dio.
Voglia, l’Altissimo, sin da ora, farci partecipi del suo amore paterno, della sua infinita misericordia, attraverso ogni consolazione spirituale in Cristo.
Con labbra mosse da tale fede e tanto sentimento aneliamo al seno creatore, affinché si acquieti la nostra umana sete e resti davanti a noi soltanto luce, luce di quella Luce che, rinnovellandoci nel suo amore, non terminerà mai.
Carissimi,
versati come sacrificio gradito a Dio Padre Onnipotente, nel calice del suo eterno amore, protendiamo, sin da subito, i nostri passi nella sua gloriosa via, baciandoci l’un l’altro con il suo santo e vittorioso bacio.
La pace, la giustizia e la verità, come un sole sorto dentro quell’arcobaleno che mai potrebbe svanire, ci accompagnino nel nostro primo e ultimo, meraviglioso cammino.
Vi abbraccio nella testimonianza di quella fede per la quale i nostri nomi sono stati già incisi a sangue nel libro della Vita.
Amen.
(26/02/2025)