Ebbe origine in te,
principio dei miei giorni,
definizione dei miei anni,
il sentimento che nutre i nostri passi
verso la via della pienezza,
intemerata, tra le presenze tutte,
che il mio capo immergi,
tra le vive membra
di una stagione in te arresa,
nelle acque più agitate della verità.
No. Io non posso lasciar tacere nulla,
nulla della realtà impressa dentro al mio petto,
al suo percepirti accanto.
Mi hai desiderato,
hai messo nella mia bocca la tua bocca
e la mia voce ha il sapore tuo,
della tua insostenibile parola.
L’orecchio mi hai aperto,
come fossi la tua freccia preferita
non mi hai riposto
e l’arco tra le tue braccia non si è allentato.
Corda, io,
del tuo canto di grazia e di battaglia:
infallibile, come questa apnea immortale
della quale sono ancora il fiore,
padre.
Io intravedo la luce,
dalle profondità che mi consistono
per dimensionare l’alternarsi del bene,
della felicità;
io sfioro con le mie pupille le tue.
Un avvicendarsi di silenzi e di colori,
nell’egemonia pacifica di un solo corpo,
di un medesimo istante da respirare
con spirito svezzato, ormai,
di là dei tempi posseduti,
nelle loro giunture, dalla carne.
Eppure, io odo la tua mano nei miei passi.
La via non è stata mai così vicina:
mi vuole, mi protende i suoi favori;
la sua bellezza è come schiusa, adesso,
in una perla, tra molteplici perle,
nel suo virgineo bagliore, inestimabile.
E mentre sul mio capo l’acqua,
la purissima acqua, invoca il tuo nome,
splende il sole tra le mie labbra
e il cielo mi beve,
io – terra del tuo sentire, del tuo volere.
E divengo in te,
tu che uno spirito di spirito sei,
da anima e corpo,
e il giorno e l’ora e l’attimo
hanno perduto i confini,
io che per te sono diventato
l’attimo, l’ora e il giorno.
E la mia bocca per la tua voce,
e la mia voce tra le tue labbra.
È l’insostenibile parola.
Eternità.
(16/04/2025)