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Chi mai potrebbe abortire un mondo?

Posted on 14 Maggio 202430 Settembre 2024 By Voce di uno Nessun commento su Chi mai potrebbe abortire un mondo?
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Nel quinto mese, il quattordicesimo giorno del mese, del ventiquattresimo anno della duemillesima età, la parola di Dio è scesa su di me in questi termini:

Ecco. Hanno concepito
tempi di vendetta
tra tempi di baldoria
con le tue labbra
e nemmeno te ne sei dispiaciuta,
anzi.
Eppure il male
che procureranno al tuo popolo
sarà ricordato per generazioni di generazioni.
Ma tu sei
come una puledra in calore
e non hai occhi
che per i tuoi nemici,
coloro che tu professi
e consideri come tuoi amanti.
Davanti a te
stanno opprimendo
il petto ancora casto
delle tue figlie,
pressandolo fino alla morte.
Davanti a te
vanno spogliando
perfino le mura delle tue città
e le piazze sono diventate
luoghi di memoria
e di distruzione,
ove anche il soccorso
è annientato dalla ferocia umana.
Ma tu di umano non ci trovi nulla:
tu li desideri così come l’asina,
la puledra,
desidera ardentemente lo stallone.
L’abominio della desolazione
che si va perpetrando
non è più trascurabile
né oggi tu puoi fingerlo,
parlando nel nome di una giustizia
che non sussiste e che,
a tal riguardo,
non può neanche valere
come garanzia
per la tua stessa incolumità.
Alle porte delle tue case,
delle tue città,
entreranno ancora
senza riguardo alcuno
per la vita di chi ti chiama madre.
Sventreranno le donne,
le bambine,
non avranno pietà
per il frutto del grembo
ancora in pace.
Gli uomini
saranno costretti a fuggire
e chi non fuggirà
cadrà sotto il rumore osteggiante delle armi,
e i bombardamenti non si fermeranno.
Finché non colpiranno anche te.
Già.
Entreranno nel tuo palazzo
e non ti darai più alla baldoria.
Io leverò dai tuoi occhi
il velo di marciume
che ha ricoperto,
come a te,
gli occhi di intere nazioni
e in quel giorno mi invocherai.
Inutilmente.
Allora ti ricorderai dei tuoi figli,
delle tue figlie;
le tue città, e le loro spoglie mura
saranno il luogo
dove gli sciacalli e gli avvoltoi
andranno a piangere per te.
Macerie su macerie
saranno nei tuoi sguardi,
non avrai che ricordi di morte
e di tradimento,
di adultèri e di scomparsa pietà.
Avrai ancora sulla lingua
il numero di quanti sono stati tuoi nemici,
e che consideravi amanti,
quando smetterai di contare
e verrai meno,
come verranno meno i tuoi nemici,
e i popoli e le nazioni.
Poiché hanno concepito
tempi di vendetta
tra tempi di baldoria
con le tue labbra
io giuro nel mio nome
che partoriranno
quello che va già maturando
nel loro grembo:
il feto agonizzante
di questo martoriato mondo.
Prima, però,
chiederanno di far valere
le loro putride ragioni,
ovvero ciò che indegnamente
e con arroganza
definiscono i loro diritti:
non gli sarà concesso
perché nessuno,
nessuno mai potrebbe
abortire un mondo.
Tra non molto ti dannerai
per aver avuto il cuore
lontano da me,
per avermi girato le spalle,
oltre che il capo,
per aver dimenticato
chi ti ha costituito
come mio fiore dapprima,
popolo e nazione poi.
Allora ricorderai della tua infanzia,
dei tuoi padri e mi farai violenza.
È tutto scritto nella tua legge.
Sei divenuta per me
come un caduco fiore,
carne morta.
Mi duole solo
che il petto verginale oppresso,
sotto ai tuoi occhi
e sotto gli occhi di intere nazioni,
e che l’innocenza tramortita
ancora al buio della esistenza
nessuno, a partire da te,
l’abbia percepiti
come innocenza propria,
grembo proprio e petto suo.
Questo mi duole, sì.
Mi hai di nuovo messo alla prova.
Ma chiunque non ha fatto propri
quella innocenza
e quel dolore immane,
non entrerà nel luogo del mio riposo.
L’ho giurato. E non mi pento.
La mia parola
l’ho tagliata con pietra d’angolo,
oggi,
e poi incisa nel fuoco
del mio ventilabro.
L’aia si è tramutata
in un fiume di rovi e di spine.
E la pula, la pula è matura ormai!

Nel quinto mese, il quattordicesimo giorno del mese, del ventiquattresimo anno della duemillesima età, alla dodicesima ora di una storia già scritta il Signore Dio, il cui nome è Terribile tra le nazioni, mi ha parlato in questi termini: figlio dell’uomo, volgi il tuo sguardo verso le parole che sto ancora per dirti. Che cosa vedi se non un tavolo abbandonato con attorno soltanto sedie vuote? Dunque, tu dirai loro, ascoltino o non ascoltino: così dice il Signore Dio. Il tavolo manifesta la mia interrotta alleanza con i popoli e le sedie, le sedie vuote, stanno a significare la dimora principale delle nazioni che non sarà mai più abitata.

(14/05/2024)

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