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E in te non v’è più uva

Posted on 15 Aprile 202224 Ottobre 2024 By Voce di uno Nessun commento su E in te non v’è più uva
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“Perfino gli sciacalli porgono le mammelle
e allattano i loro cuccioli,
ma la figlia del mio popolo è divenuta crudele
come gli struzzi nel deserto.”

(Lam 4, 3)

Siano maledetti,
siano maledetti ora e sempre
i tuoi figli,
opera di incesto e di idolatria,
di insulto alla vita e cibo per i morti,
tu che ti vanti di essere loro madre,
stendardo, tu,
e vessillo di ogni maliarda.
Hai reso un ludibrio i figli d’uomo
agli occhi del mondo,
un mondo che più non ha storia
sebbene sembri l’opposto.
Difatti ciò che s’interpone
al tempo nelle lacrime dei tanti
non è il dolore per le desolazioni
che astringono le terre,
cimiteri giudiziari
dove scandalo e corruzione
hanno la precedenza, la via di fuga eventuale
su ogni crimine, su ogni delinquere,
su ogni lingua assassina,
dunque su chi ossequia
il padre di ogni bestemmia
e della grande menzogna,
ma piuttosto la nostalgia per una memoria
innescata nel rantolo della guerra,
nel disordine del depistaggio,
nella clausola eletta e rieletta del terrore.
Ecco. I tuoi figli emeriti
meditano imbrogli
e ammazzano pure i loro fratelli,
tramando insidie verso il giusto
e covando, non solo in cuore,
vendetta su vendetta, insulto dopo insulto,
provocazione su provocazione,
scherno dopo scherno,
intimidazione dopo, dopo le torture,
vile così è la loro fama
tanto da assoggettare con potere
orrifico tutte le nazioni,
nessuna esclusa.
Sembrerebbe che il giusto
sia dimenticato anche dal Signore,
che il cielo, oltre il mondo,
non è solo un peso per le sue spalle,
ma un mare morto
e che il pianto, il grido, l’angoscia,
il dolore, la morte infine,
siano disprezzate
agli occhi dell’Altissimo
tanta, tale è la violenza
con la quale i tuoi figli,
o stendardo di ogni maliarda,
vanno infierendo sul figlio d’uomo
quando annotta,
all’ombra della morte. I forti,
gli audaci, i più vili sanguinari,
fratelli di un’ipocrisia
che va sghignazzando ovunque
vi siano quei sorrisi da udire o da visionare,
quei sorrisi di scorta, quei sorrisi artefatti,
complici di chi, tuttavia,
se ne frega dell’udito,
della vista, di quei sorrisi,
badando al suo personale interesse,
come subalterno,
e poi a quello di chi gli è sopra,
il codardo, il grande omicida,
il quale non ha pietà
neanche per se stesso,
non provando su se stesso
alcun sentimento per la vita.
Non hai più uva in te,
eppure il tuo vitigno vantava terre sterminate;
tu hai sterminato il tuo vitigno,
e in te non v’è più uva.
Il tuo sguardo è un’infamia all’esistenza,
uno schiaffo a chi ne ha fame retta,
un pugno esteso
verso chi ne prova una sete sincera.
Figlia di nessuna terra più,
giacché la terra gradualmente ti ha ceduto
alla fonte fradicia del rimasuglio del progresso,
non cessi di infierire, colpo su colpo
e arma dopo arma,
verso il tuo stesso sangue
ormai che non hai più storia,
ormai che anche il rantolo della memoria
sta sfiorendo in tanta valle abominevole,
in questo scenario di devastazione totale
dove il diritto è stato stramazzato
e la pace è un terminale punto di vista
che non prova commozione,
non ammette compassione,
poiché verso di essa
non si è degnata di comparire a processo
nemmeno la pietà. Già, la pietà,
questa bambina del popolo
che da sola salverebbe il mondo,
se solo l’Altissimo,
se soltanto il Signore si ricordasse
della sua santa Alleanza e dei nostri padri,
delle nostre madri,
coloro che ci hanno nutrito
con il latte del loro seno
quasi incancrenito dal dolore
pur di mantenerci in vita,
votandosi ad una morte veloce,
troppo veloce e dolorosa,
le madri, le nostre madri.
Oggi, dice il Signore, l’Onnipotente,
Colui che eleva gli ultimi ed umilia i potenti,
è giorno di silenzio,
un silenzio che travalicherà il mio lamento,
lamento che giace nelle faretre del suo esercito.
Io sono l’Agnello ed è il mio giorno.
Ho steso il mio sangue sulla lingua
della mia parola,
la sua porta si chiama mia voce.
Ecco. Si radunino per la festa tutti,
nessuno escluso.
Cantino, ballino, bevano, mangino,
ridano, piangano, feriscano, muoiano.
Verrò come un ladro,
sarò il laccio e la fossa.
Quel giorno sarà ricordato non più come festa,
ma come il giorno del Signore.
Infatti quest’ultima generazione,
al pari di quella dei suoi padri,
sarà trattata come mai,
prima d’ora,
è stata trattata una mia creatura,
che sia essa bestia, città, popolo o nazione.
Non aprite il mio sangue,
poiché esso parla dalla vostra stessa porta,
figli della maliarda,
stendardi di codardia e di viltà,
vittime di voi stessi e dei vostri traditori
poiché proprio adesso
io ho abolito la tracotanza della festa
col sangue steso sulla lingua della mia parola.
Polvere vestiti di porpora e di scarlatto
oggi che ti ho fatto udire la mia voce,
oggi che ti ha parlato Colui che ti ha generato,
oggi che si è manifestato il Giorno del Signore.

(15/04/2022)

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