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Sotto l’oscurità di un cielo vestito di sacco e di cenere

Posted on 8 Novembre 20235 Ottobre 2024 By Voce di uno Nessun commento su Sotto l’oscurità di un cielo vestito di sacco e di cenere
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Nell’undicesimo mese, l’otto del mese, del ventitreesimo anno della duemillesima età, alla dodicesima ora di una storia già scritta la parola del Signore è scesa su di me in questi termini:

Dovrei consolarti, forse,
perché affermi
che mi sono di te dimenticato
mentre tra un lamento e un altro
mastichi vendetta
e succhi il sangue dei giusti
guidando il popolo
verso la più larga scarpata
da dove non potrà più
venir fuori?
Con quale presunzione,
o falsa,
hai sempre in bocca il mio nome
mentre d’assedio cingi perfino
le bocche dei lattanti?
Come strumento
usi pure la lingua
quando si tratta di uccidere,
profanando la Scrittura
e bestemmiando così il mio nome,
o viscida.
C’è un tempo per la pace
ed uno per la guerra
e te ne vanti
dimenticando che il tempo è mio,
come sempre mio
è il respiro di ogni uomo
e che la sorte di ogni nazione
è legata soltanto alla mia volontà.
Per causa tua,
in un eccesso di ira,
ho chiuso i miei occhi
dinanzi alle efferatezze
che si compiono,
su quella che non è la tua terra,
ai danni degli indifesi,
dei piccoli e degli innocenti.
Sì. Oggi il mio cuore pulsa
del loro grido di dolore,
della loro solitudine,
della loro angoscia
e, infine, della loro morte.
Oggi i miei occhi
si spalancano
sotto l’oscurità di un cielo
vestito di sacco e di cenere,
un cielo che, a tempo debito,
si ciberà della tua fame
e della tua sete
consumando fino in fondo
i tuoi di occhi.
Veramente
sei per me diventata
un soffio di niente
che va’ e più non ritorna.
In te sopravvive la superbia
per ogni tua miseria,
l’empietà per ogni tua nefandezza,
e tua sola veste
è il macabro scampanellio
del terrore che incuti alle genti
mentre ti mascheri da signora.
Ma signora non lo sei mai stata,
forse,
e dai marciapiedi della turpitudine,
con ancora più veemenza,
condanni il tuo prossimo,
lo stesso, talvolta,
che sino a ieri ti ha soccorso.
Per te non si riuniscono famiglie, no.
Quelle sono ormai
andate distrutte.
Per te si uniscono le tue sorelle
dando all’umanità
una visione distorta del bene e del male,
e dichiarandoti vittima e beata
allungano la tua veste sudicia
tintinnando con le loro voci altere
i tuoi interessi
opprimendo, così,
quelli dei veri bisognosi,
assordando il canto già ferito
di una pace
che non trova più spazio,
allocazione.
Ecco.
Per un eccesso d’ira
sto per chiudere
ancora una volta i miei occhi
e mi turerò le orecchie.
Lascerò che tu perpetri la violenza
ancora per un tempo,
o sanguinaria vendicatrice
che inciti alla guerra
definendola santa
mentre vai annientando la terra.
Il tuo impeto di follia,
il delirio di onnipotenza
che pervade oggi la mente tua
e quella di tanti tuoi sostenitori
o amanti
costerà quanto la tua stessa esistenza.
E la loro.
Verranno giorni
nei quali si diranno beate
tutte quelle donne
che hanno abortito
perché dal grembo delle madri
saranno strappati figli e figli
i quali prima di vedere la luce
conosceranno la spada.
Verranno giorni
nei quali si diranno beati
coloro che muoiono di spada
perché la fine di molti
avverrà per le pestilenze e la sete.
Ancora.
Verranno giorni
nei quali si diranno beati
coloro che sono soli,
poiché quasi tutti
perderanno qualcuno.
Ecco.
Quanto è vero che io vivo
questi giorni già ti appartengono
perché io per te li ho decretati.
Sarai maledetta dai tuoi stessi figli,
gli stessi che non hanno
mai onorato i padri
e i padri dei loro padri.
Sarai l’abominio per l’abominio,
la desolazione con la desolazione,
la devastazione nella devastazione.
Ma quando sturerò i miei orecchi
e il mio sguardo
si poserà sul mio popolo straziato
farò dei monti che ti circondano
strade di fango
e delle vie
nelle quali oggi vai dilettandoti
fiumi di macerie, laghi di sangue.
Mi dimenticherò di te
perché non meriterai
neanche memoria.
Dimmi.
Può un padre
non provare dolore
quando si avvede
di avere tra le braccia
un figlio morto?
Sarebbe innaturale.
Inumano.
Eppure sappi che oggi ti ho resa
come quel figlio morto.
E tra le mie braccia
nemmeno ti voglio.
Prima però dovrai leccare
la polvere che si alzerà dalla mia terra,
la santa,
quando ogni madre
vedrà tornare i propri figli
creduti dispersi.
In quel giorno
le tue lacrime le lascerò bere
ai dromedari del deserto.
E da questa steppa, oggi,
chiunque all’infuori di te
e delle tue stolte sorelle
invocherà il mio nome
con viva fede e timore puro
vedrà il mio volto
ed io lo consolerò
come solamente una madre
può fare.
Ho pronto un banchetto nuziale
e quanto vorrei
fosse già cominciata la festa
per tutti costoro
che mi appartengono.
Ho preparato vino pregiato
e cibo succulento.
Ecco.
Chi ha fame d’amore venga,
chi ha sete di pace insista.
Fate violenza, sì. Ma al cielo.
Poiché il pregiato vino
e il cibo succulento sono io stesso,
il vostro Signore e Dio.
Da sempre e per sempre.

(08/11/2023)

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