Seconda lettera ai miei fratelli nel peccato

Io non sono che un uomo, ben lontano in tutto questo da me. Eppure proprio per tale accadimento ho ereditato la prova pur di sostenere la missione che ad ognuno appartiene. Io sono una chiave ben custodita e sulle mie facce parallele vi si trova impresso a vivo sangue il sigillo incontaminato della compiuta opera vivente. Voi siete l’impronta ovverosia il carattere genealogico attraverso il quale mi è possibile confermarvi, entro un gaudio stupente che talvolta mi nutre l’animo, nella speranza cosiddetta beata. Sì. Perché in figura di vivente rappresento l’attrazione dei due esseri affinché il dolore della sofferenza e la felicità della gioia concludano il ciclo del loro vicendevole magnetizzarsi nella esecuzione definitiva della somma conoscenza. E dunque voi siete bellezza, quale nucleo mai settario di una vasta e unica attesa, vigilante in un cuore disprezzato dalla storia e nel pensiero di chi afferma tutto questo. Oh, quale gioia per tale sofferenza! Allontanare da me cosa, dunque, se siete voi la mia prova certa, la lettera vivente che ho impresso nei vostri cuori apprezzatissimi attraverso lo spirito ricevuto per grazia e dono e che aleggia dal mio pensiero al prossimo, al presente, e ancora? Vi benedica il giorno quindi, e vi benedicano le tenebre. E sia benedetto il nome del Signore Dio nel quale esulto come nulla, peccato e polvere poiché, nonostante questo, posso anch’io benedirvi, con tutto cuore e nei miei pensieri, per ogni attimo che ci consiste, in suo onore e gloria.

(09/01/2023)