Nelle palme delle tue mani è l’opera dei miei giorni

“Eloì, Eloì lamà sabactàni?” (Sal 22, 1)

Ecco. L’ora della mia ora
mi giunge come un pugnale nel petto,
eppure sarà molto più dolorosa.

Quest’angoscia che spella perfino il mio sudore,
misto ad anima e sangue,
attinge potenza dal mio tacere.

Il battesimo, tanto atteso, è avvenuto,
come questo giorno, di fuoco e di paglia,
di legno e di carne.

Sono abbandonato, nudo e torturato
come il peggiore dei criminali,
tradito da chi credevo amico, fratello.

Le mie ossa, opera delle tue mani – o Padre,
una dopo l’altra vanno slogandosi
e la mia lingua si contorce al palato.

Hanno forato i miei passi e le tue carezze,
fisso l’immensità dei cieli
che lentamente mi comprime il respiro.

Le lacrime hanno tutte quante un nome,
e ormai non irrigano più un volto, no,
ma un Regno, il mio, che mi ridona pace.

Io ti appartengo, io ti ho generato,
dal seno dell’aurora mi hai sostenuto,
e come sospesa rugiada i miei fiori ho attirato.

Si. Non hai permesso al perdono di tacere
e chiamandomi amore
non ho subito l’ignominia della corruzione.

Primo a risalire dagli inferi
e principe della vita ho riscattato la stessa
con il mio intimo tormento.

Prima che ti glorificassi, Padre mio,
tu hai glorificato me,
affinché tutte le generazioni ti lodino.

Ogni essere che confiderà nel mio cuore,
chiunque crederà che Io sono,
avrà in terra, come avvocato, il mio spirito.

Cantate inni adesso, o popoli, cantati inni,
e s’inclini verso il Signore degli eserciti
il ginocchio di tutte le nazioni.

Io, l’Alfa e l’Omega,
sarò per Te, con Te, in Te,
e la mia discendenza vivrà nei secoli dei secoli.

(13/01/2022)