Non ti domanderò del tempo
in cui vorrai manifestarti
alle creature, alle cose,
e da quali primitive aurore
le coordinate dell’essere
smetteranno di sostare
tra i filamenti delle armonie
per infrangersi in totale purezza
come ordinamento nuovo
di un agonizzante caos.
È vero.
Io ti vivo in ogni ovunque
e senza che l’anima mia
trovi mai riposo
giacché riposo non ne vuole.
E i giorni avanzano,
come truppe di una realtà
fin troppo a me nota,
e il mondo lascia girare
una dopo l’altra
tutte le sue opere
come un libro mal rilegato
e stracciato a metà.
Tu mi vuoi da sempre con te.
Se c’è da fare violenza,
se occorre pazientare,
tu soltanto lo sai
poiché conosci i modi
e sei balsamo di ogni mio istante.
Qual’ albero immerso
nella più profonda steppa
le mie radici biondeggiano,
olezzano,
aleggianti ben al di sopra
di me stesso
in quanto esse costituiscono
non la raffigurazione
ma l’essenza già ultima
delle tue recondite volontà.
In che misura,
con quale strumento imparziale
potrò mai introdurmi
nelle complessità
che ti rendono
presenza di ogni mia presenza,
gioia piena di ogni mia gioia?
Lascia che io fiorisca cieli dentro me.
La mia volontà è la tua.
E la tua degna dimora
non può essere costruita
con mani d’uomo, no,
ma con la sua espressione
che rappresenta
l’immagine più elevata
di chi lo ha generato
come creatura tra le creature,
affinché avesse il primato
su ogni cosa.
Lascia che il mio frutto
trabocchi d’amore
sulla terra più ispida
e che questa diventi prato,
giardino, cometa.
Perché ogni steppa
si tramuti, infine,
nell’unico grande cuore di vigna
che restituisca finalmente
il suo raffinatissimo prodotto,
primizia della vita,
e affinché le stelle
comincino a brillare sulla terra,
resa fertile dall’esaltazione della luce.
Lascia che io di ogni tua origine
sia principio,
e che di ogni tuo principio
io sia la manifestazione
e la fine.
(27/05/2024)