In timida azione
Grandezza, quale mutevole
forza m’empie il cuore,
mentre spoglio dei miei affanni
ritrovo le mie braccia strette,
quasi costrette, sopra i fianchi
intorpiditi e fiacchi…
Eppure non un bacio volli dal creato,
né alcun ambizione.
Dall’armonia delle forme, che i flussi
dei silenzi serrano ai sensi,
alla barriera che funge da schermaglia
per la speranza che, flessa, geme
nell’immersione delle ore, quanto più
il cervello s’astringe, colando mente
al di là, per il pensiero che duole.
Se fosse una questione di tatto, bè,
potremmo gustare ogni amara zolletta
nel prototipo che fa dell’immenso
l’archetipo di ciò che, in tradotta idea,
non definiamo, umani, tra ragioni ed
intelletto, come l’aritmia dei lumi,
fondamento e architettura
del sorriso principiante
devoluto al precipizio della materia
in sua ineffabile natura.