In dimore di oscure appartenenze

Affinché la morte
non abbia più memoria
e la memoria non abbia più morte
lascerò cooperare
non i popoli né le nazioni
bensì la grassa diaconia dei governati
dai capi dei governanti
e questi non tralasceranno interessi
sul capitale dei miei primi interessi
quando scenderanno a patti e a patti,
in relazione ai traditi affari
succubi degli ancor più vili tradimenti.
Chi si vanta per i figli
e chi per la corona:
menzogna su menzogna.
Né i figli e tantomeno una corona
basterebbero a costoro
per lenire appieno
la furibonda sete di danaro e di potere,
una piaga consapevole
che parla loro
con la lebbrosa lingua dell’anima,
quell’anima senza più fiato
che si lascia imputridire
in dimore di oscure appartenenze
pur di evadere dal calvario
di un corpo fustigato e vilipeso
dalla lenta eutanasia di inferocite
quanto addormentate menti
in una polifonia di pensieri turbati
e di martoriate speranze,
corrotte attese.
E aggiungere.
Come quando si passa
tra una sponda e l’altra
per oltrepassare il fiume
senza badare alla corrente
così io li vedo oltraggiare me,
la vita e ogni creatura del creato,
costantemente, a branchi e a branchi,
da impuri a impuri,
spaccando cervi d’oro e porci di ferro
per gravitargli al centro
e per onorare il niente
chiamandolo signore,
divinità e padre,
idolo che non è idolo,
menzogna che nuoce
puranche alla menzogna,
moda che indurisce il cuore
dei piccoli e degli ingenui,
degli stolti e degli scienziati.
Questo popolo di paesi senza paese,
questi paesi di popoli senza popolo.
Oh, le mie viscere nemmeno più
si muovono a compassione!
Ho scrutato i cuori e i reni
di tutte queste genti.
Il loro interno è abitato da due tempi.
Il primo danza
senza badare al suono e al canto.
L’altro canta
senza badare al suono e alla danza.
I loro sentimenti
non abitano alcun tempo,
ciononostante,
poiché non sono sentimenti.
Farò
per chi è rimasto e chi rimase
un nuovo tempo.
Sì. Ecco.
Addurrò contro di essi
l’ultima nota del mio pentagramma,
una nota sconosciuta,
non ancora scritta
e non ancora nata.
E come sette furono le stagioni
attenderò il nuovo padrone
il quale sederà sui sette colli
che conobbero i loro sette re.
Io lo condurrò
tra i cervi e i porci
e lo farò cantare e danzare
al suono della mia ottava nota
e soffiando l’inverno
tra le loro carcasse oltraggiate
farò del suo corno inglorioso
l’ultimo giogo del mio bottino.

(25/10/2022)