Dovremmo cantare con le nostre scapole, con le nostre schiene mai interrotte, nonostante le schermaglie, le frustate e i colpi. E a possenti squarci d’aria noi leviamo il volto, questo volto che piange più per i vivi che per i morti, con quel suo umile sorriso mai servo, mai schiavo e che, sempre libero, brillerà perfino tra le labbra della più oscura notte. Meschina menzogna, coltivi la monotonia da trincea per un mondo che va perdendo la certezza e la speranza. Un epitaffio dovremmo cantare, ai tuoi svergognati regni, con le scapole nostre. Ma ne siamo felicemente poveri. In noi, davanti e dietro, folgorante aleggia un’unica generazione: quella del Verbo. È così che ci doniamo, porgendo ai seni casti della luce l’umanità feconda. E a possenti squarci d’aria noi leviamo il cuore, il volto.
(17/03/2025)